Il giorno appresso il re aprì la scena in questi sensi: «Quando due persone hanno preso partito riciso in contrario, il loro abboccamento può solo tornare a male, con inasprire maggiormente gli animi loro. Tale è lo stato delle cose tra me e mio fratello: egli s’è unito ai nostri nemici contro di noi, e certo per lo mio pregare od altrui non deporrà tal pensiero; io ho giurato sparger tutto il mio sangue in vostra difesa, e venga che può, terrò il giuramento. A qual pro adunque l’incontrarci? Che parli tu, Rugieri, di consuetudini di Aragona? Nacqui aragonese anch’io: vorresti forse per ciò accagionarmi d’alto tradimento, se impugno le armi contro quel re? Ma tu ben sai, ben lo sapete voi tutti, che finchè ressi la Sicilia da suo vicario, comechè questo regno a me sin d’allora si sarebbe appartenuto, pure sgozzai il torto e lo rispettai qual mio signore. Ma quando poi egli, unitosi ai nostri nemici, cesse loro ogni dritto sulla Sicilia, la sua cessione potea valere pei dritti suoi, non pei miei; e la nazione tutta, facendomi giustizia (e tu, tu il primo, che gran parte vi avesti), elevommi al trono. Allora tutti i vincoli fra noi e lui furon rotti. S’egli viene ora ad attaccarci, vorrai tu dire che le leggi d’Aragona interdicono ai Siciliani il pigliar le armi in difesa delle mogli, de’ figliuoli, dei beni, della patria? Per coloro poi, i quali dall’Aragona e dalla Catalogna vennero a stanziare in Sicilia, non è già ch’eglino vi vengano a cercar guerra col loro signore, ma trasmigrarono da gran tempo, ned erano eglino servi addetti alla gleba di quei regni, in modo che fosse stato loro vietato di mutar patria.
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