Nessuno degli astanti osò porgli le mani addosso; pure ei, fremendo di rabbia si ritrasse in un angolo della sala. Interpostisi allora il conte Manfredi Chiaramonte e Vinciguerra Palici, che in grande stato erano appo il re, si fecero per lui mallevadori, e ’l re l’ accettò. Ma egli venuto appena fuori del real Palazzo, corse in tutta fretta alle sue castella (era egli signore di Novara, Tripi, Ficarra, Castiglione, Aci e Francavilla ed altri luoghi) e pose ogni studio a munirli sollecitamente e fortificarvisi. Una guerra intestina parea di mettere il colmo ai pericoli ond’era minacciata la Sicilia.
Fortunatamente in quel momento la regina Costanza disponevasi a partire per Roma, ove era stata chiamata da re Giacomo una colla principessa Giolanda sorella di lui, per celebrare le pattuite sponsalizie tra la principessa e Roberto duca di Calabria, figliuolo di re Carlo. Essa dimandò al re il permesso di condur seco non che il grand’ammiraglio Loria, ma il gran cancelliere Giovanni di Procida, e, come anche della costui fede il re dubitava, condiscese alla richiesta della madre. Ma il Loria prima di partire lasciò ordine ai custodi de’ suoi castelli ed a tutta la gente sua di obbedire a suo nipote Giovanni di Loria, quando che egli si trovasse nel castello di Castiglione. Egli intanto già determinato ad oscurar tutta la sua gloria con un tradimento, giunto appena in Roma, corse a Napoli per accontarsi con re Carlo, e ritornò in Roma, per combinare con re Giacomo il piano della guerra.
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