La notte sopraggiunta impedì al comandante siciliano d’inseguire i fuggitivi. Molti de’ nemici caddero in mano de’ Siciliani, anche più ne fur morti. Loria gravemente ferito si ascose nella siepe di un vigneto; se n’avvide un suo soldato di nome Pietro Satallata, il quale gli die’ il suo cavallo per cercar di salvarsi nell’oscurità della notte dicendogli «se resto io preso, potete ricattarmi, se muojo serbate la ricompensa a’ miei eredi.» Ambi si salvarono, nè Loria fu ingrato: chè donò a quel soldato di grandi possessioni sue nel regno di Valenza. Catanzaro tornò in potere di re Federigo.
Giunto in presenza di re Carlo il Loria dopo questo disastro, orgoglioso e sprezzante com’era, gli disse «Signore: i vostri soldati ed i capitani francesi, che menan gran vampo del loro valore, mi hanno lasciato solo nella mischia, datisi vilmente a fuggire. Sperate invano vincere i Siciliani co’ Provenzali e Francesi. Affrettate piuttosto i soccorsi di re Giacomo.» Re Carlo si die’ allora a spogliar tutte le chiese de’ loro tesori, e con tal danaro cominciò ad assoldare Francesi, Aragonesi, Calatani, Guasconi, Italiani ed altra gente di ventura, colla quale si stette ad aspettare la venuta di re Giacomo.
CAPITOLO XXXIV.
I. Re Giacomo arma contro il fratello. Invasione in Sicilia. - II. Guerra intestina. I nemici abbandonano la Sicilia. I ribelli castigati. Nuovi apparecchi di guerra. - III. Battaglia di Capo d’Orlando. Conseguenze di essa. - IV. Provvisioni per arrestare i mali. Vittoria. - V. Fatto di Gagliano.
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