Braveria di alcuni Toscani. - VI. Nuovi fatti d’armi. - VII. Nuovi maneggi e nuove armi. - VIII. Congiura contro il re scoperta. - IX. Fame. - X. Messina assediata da Roberto invano. Tregua.
I. - Nè guari andò che in quell’anno stesso 1298 il re d’Aragona giunse con ottanta galee alle spiagge romane, ove da papa Bonifazio, già pago d’esser finalmente venuto a capo di metter le armi alle mani di due fratelli, fu accolto con giubilo e colmo di benedizioni, d’indulgenze e di promesse.
Il re intanto, riunita un’armata di oltre a sessanta galee capitanate da Corrado Doria da Genova suo nuovo grand’ammiraglio, montatovi su egli stesso, si die’ a percorrere tutte le spiagge napolitane, sfidando da per tutto il nemico, ma invano. E finalmente sulla speranza d’intraprendere l’armata aragonese, fermossi all’isola d’Ischia. Re Giacomo intanto, che a mal in corpo portava le armi contro il fratello, segretamente facealo avvertire non esser sano consiglio esporsi a’ dubbî eventi della guerra lungi del proprio regno, ed egli seguendo tale avviso fe’ ritorno in Sicilia.
Recatosi quindi il re d’Aragona in Napoli, conferito con re Carlo sulla guerra che in comune eran per imprendcre, si diresse coll’armata in Sicilia. E perchè le castella già possedute da Rugieri di Loria eran per lo più vicine alla città di Patti, e per tal modo avrebbero potuto di leggieri estendersi entro terra, fu seguito il consiglio di lui di attaccare prima d’ogni altra quella città; la quale, colta alla sprovvista, spaventata dalle prepotenti forze dell’invasore, senza resistere s’arrese, e lo stesso fecero Milazzo, Noara, Monforte, S. Pietro sopra Patti ed altre terre di que’ dintorni.
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