Vi fur presi Alvaro, fratello del conte d’Urgel, Berengario e Raimondo Caprera che guidavan quella masnada, i quali furon dall’Alagona menati in Catania.
In questo il popolo di Patti, non più compresso dal timore, tornò all’obbedienza di re Federigo e assediò il castello, ove erasi ritirata la guarnigione lasciatavi da re Giacomo, il quale, avutone avviso, vi spedì tosto per mare Giovanni Loria con venti galee cariche delle munizioni, di cui quel castello potea abbisognare; e per terra Rugieri suo zio con trecento soldati. Il primo vi giunse felicemente e sbarcata la roba, di che era apportatore, voltò le prore senza aspettar lo zio: questi giuntovi trovò che i cittadini al suo avvicinarsi eran fuggiti; onde scambiata la guarnigione coi soldati, che seco avea condotto, fe’ ritorno in Siracusa.
In questo il re, saputo il viaggio del giovane Loria, sicuro che dovea ritornare pel faro, corse a Messina ed animò quel popolo ad andargli contro. Sedici galee messinesi vennero fuori, e lor venne fatto d’intraprendere l’armata nemica con tal furia che quattro sole ne camparono, le altre una per una fur prese. Giovanni Loria con altri nobili che vi stavan sopra furon chiusi nel castello di Messina, i gregarî in altre prigioni.
II. - Ribellò in questo tempo la terra di Gangi e vi accorsero Giovanni Barresi e Bertrando di Cannellis per difenderla, e dall’altra parte Errigo Ventimiglia conte di Geraci e Matteo di Termini gran giustiziere del regno per sottometterla. Non venne lor fatto per la fortezza del sito, ma dato il guasto alle campagne e portatone via tutto il bestiame, si posero ad oste rimpetto alla terra per custodire i vicini luoghi.
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