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      Quei nobili, che gli erano a fianco ne lo distolsero, e lo persuasero a serbarsi alla vendetta; che per quella disfatta non erano spente le forze della Sicilia. Giunto in Messina, la sola sua presenza fe’ rinascere il coraggio de’ Siciliani. Fece scrivere in suo nome a tutti i comuni una lettera, nella quale descrivea la disgrazia accaduta, e raccomandava loro a serbarsi fedeli ed a non lasciarsi sopraffare da quel sinistro, che nulla era a fronte di tanti trionfi da loro ottenuti (527).
      Per provvedere poi all’ordine ed alla difesa del regno, promosse a gran cancelliere Vinciguerra Palici invece di Corrado Lanza già morto. Niccolò e Damiano suoi figlioli ebbero affidata la difesa di Messina. Parecchi capitani furon destinati in varî luoghi del regno. Ed egli stesso con quante forze potè raccorre, stabilì di recarsi in Castrogiovanni per accorrere ove fosse mestieri.
      Dall’altro lato re Giacomo non avea ragione d’esser lieto della sua vittoria. Passata in rassegna la sua gente, trovò tal numero esserne mancato, massime degli uomini più distinti, che disse «Nulla ho vinto.» Conobbe allora la follia di abbandonare i proprî regni e sprecar le sue forze e i suoi tesori per ispogliar del regno il fratello e darlo ad altri. Però fe’ ritorno in Aragona, detestato da’ Siciliani che con tanta ingiustizia ed ingratitudine avea aggredito; inviso ai Francesi che abbandonava; mal contento di papa Bonifazio, dal quale dopo essere stato ingolfato in quella guerra, nulla avea ottenuto delle tante promesse.


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Somma della storia di Sicilia
di Niccolò Palmeri
Editore Meli Palermo
1856 pagine 1468

   





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