V. - Trovavasi allora chiuso nel castello di Gagliano un barone francese, Carlo Morelletto di nome, fatto prigione nella battaglia di Marsala. Ne era castellano un Montanerio di Sosa assai fido al re, il quale, meditando un gran colpo, cercò di cattivarsi l’animo del francese, usando verso lui riguardo. Fattoselo per tal modo amico, un giorno, come tutto pauroso, guardandosi intorno, con voce sommessa gli disse, sè essere stufo di vivere staccato dal grembo della Chiesa; desiderare di venire all’obbedienza di re Carlo e fargli prova della sua fedeltà con segnalato servizio di farlo padrone di quel castello, intorno al quale, senza di ciò spenderebbe invano le sue forze. Tutto lieto di ciò il Morelletto, ne scrisse al duca, invitandolo a mandare una mano di gente per riceversi quel castello. Comunicato l’avviso ai capitani suoi ed al cardinale, i primi senz’altro considerare, volean tosto mettersi in via: ma il cardinale imprese a dissuaderneli rammentando loro l’avvertimento del Loria. Ma avea un bel dire; coloro maggiormente ostinavansi, dicendo che Loria avea detto ciò per arrogarsi egli solo l’onore di tutte le imprese; e che in cose di guerra lo avviso di tanti guerrieri dovea prevalere a quello d’un prete. Il cardinale solo potè ottenere di esaminar bene la cosa, prima d’avventurare la gente; onde fu scritto al Morelletto d’indurre il castellano a recarsi in Catania per fare egli stesso la proposta. Il Montanerio indettato con Blasco Alagona, rispose che non potea lasciare il castello senza permesso del re: ma in sua vece mandava un suo nipote.
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