Mentre tanto alto suonava per tali fatti la fama di Blasco Alagona, vennero in Sicilia quattrocento Toscani capitanati da un Ranieri Buondelmonte per militar coi Francesi. Corse allora voce di aver costoro fatto voto di mettere a morte o di dar tutto vivo in mano a re Carlo il generale siciliano. Giunti in Catania, si diedero a ricercar pe’ trivi e per le piazze ove potessero cogliere l’Alagona. Ma il sentire de’ fatti di lui, cacciò loro quel grillo dal capo; e in poco d’ora, fatti ludibrio de’ Francesi e dei Siciliani, ripartirono.
VI. - In quello stesso anno 1299 i Siciliani, tornati presuntuosi per quelle due vittorie ottenute in terra, vollero tentar la fortuna in mare. Allestita un’armata di ventisette galee, comandata dal grand’ammiraglio Corrado Doria, vennero fuori per tentar d’intraprendere l’ammiraglio Loria, il quale dovea portare in Sicilia nuovo rinforzo di gente e di viveri. Eran sull’armata siciliana assai nobili, fra’ quali Giovanni Chiaramonte, Palmeri Abate, Enrigo d’Incisa, Benincasa di Eustazio e Peregrino di Patti. Quest’ultimo alquanti giorni prima era passato presso le spiagge di Catania ove erano dodici galee napolitane. Sfidatele a battaglia, non aveano osato affrontarlo, ed egli in disprezzo, sotto gli occhi del duca di Calabria, briccolato su d’essa una folata di sassi, continuò il suo viaggio. Cinque galee genovesi della fazione Doria eransi unite alle siciliane.
Venuta fuori l’armata, percorse e poste a sacco in varî luoghi le spiaggie napolitane, fermossi avanti Napoli, ove sorgea sull’ancore l’armata di re Carlo forte di quaranta galee.
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