Egli stesso volle accompagnare quella misera ciurma ed era prodigo a tutti di quei soccorsi, che per lui si poteano. Per alleggerire le madri, pressocchè esinanite, dal peso dei loro pargoli, ne togliea or di questi or di quelli uno avanti ed un’altro in groppa. Ed eglino familiarmente con lui usavano. Godea il re delle loro innocenti carezze; non permettea che fossero respinti; ne’ luoghi di posa li volea tutti intorno a se; nelle sue refezioni facea in pezzi il poco pane che per lui serbavasi e loro ne distribuiva gran parte. Qual maraviglia se i Siciliani eran sempre pronti a dar la vita per tal re?
Trovandosi egli uno di quei giorni tra Castiglione e Francavilla, accostatoglisi un’uomo, come per chiedergli elemosina, gli disse all’orecchio esser egli a giorno che in quel momento il castello di Castiglione era senza presidio. Il re finse non farne caso. Giunto a Randazzo, dopo cena si mise a letto: ma levatosi nel cuor della notte, rimontò a cavallo e si diresse a Castiglione co’ soldati che lo accompagnavano. Vi giunse al far del giorno. La terra fu presa; e il popolo tumultuando obbligò il castellano e i pochi soldati, che nel castello erano a rendersi.
Intanto la carestia avea già cominciato ad affligere gli assedianti; e però il duca di Calabria cominciò a pensare come ritirarsi con onore. La duchessa sua moglie spedì messi al re suo fratello proponendogli una tregua. Vi acconsentì egli, e fu stabilito che i due principi convenissero in Siracusa per istabilirne i patti.
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