Ben lo previde il conte di Valois, il quale, vistosi nella necessità o di fuggire vergognosamente o di cader nelle mani de’ Siciliani con tutto il suo esercito, volse l’animo a pensieri di pace. Era egli congiunto di sangue, nel grado stesso, del re e del duca, ed altronde sperava, che pacificandoli, avrebbe potuto avere le forze d’entrambi per ajutarlo ad ottenere l’impero di Costantinopoli, cui agognava. E tanto fece che indusse il duca a venire all’accordo. Spedì allora due messi al re, che trovavasi in Castronuovo. Se la pace era necessaria a’ Francesi, non lo era meno ai Siciliani, già stanchi di venti anni di guerra, nella quale la sola Sicilia avea dovuto resistere a tanti e sì potenti nemici. Onde il re rispose se esser pronto a venire a patti, e per trattar più da vicino ritornò in Caltabellotta. In un campo intermedio tra quella terra e Sciacca convennero il re ed il conte di Valois, ognuno accompagnato da cento soldati, nè i due principi ebbero altro alloggio, che due capanne di bifolchi, che a caso colà trovaronsi. Accordati i preliminari, furon chiamati prima il duca di Calabria e poi Rugieri di Loria da un lato, Vinciguerra Palici dall’altro, e la pace si conchiuse.
Il partito fu che re Federigo dovesse sposare la principessa Eleonora sorella del duca Roberto; dovesse egli tener la Sicilia e le isole aggiacenti sua vita durante, e titolarsi re, ma senza dirsi di qual regno; che tutti gli stranieri dovessero abbandonar la Sicilia con tutte le terre e castella da essi prese; che il re dovesse ugualmente cedere tutto il paese da lui sino allora tenuto di là dal faro; che i prigionieri di ambe le parti avessero libertà; e finalmente che tutti i baroni e conti dell’una e dell’altra parte, che avean preso le armi contro il loro signore, perdessero le possessioni da essi tenute nel dominio di lui.
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