Furono solo eccettuati Rugieri di Loria, cui fu conservato il castello d’Aci, e Vinciguerra Palici che ritenne parecchie terre in Calabria.
Conchiuso tal accordo, il re ne die’ notizia al comune di Palermo, ordinando al tempo stesso di sospendere l’armamento che era disposto (529). Il conte di Valois e il duca di Calabria, imbarcatisi, vennero in Catania per aspettarvi i prigionieri, che dovean liberarsi. Una galea fu spedita in Termini a levarne le spoglie della duchessa Giolanda e portarle in Napoli. Il re si diresse a Lentini passando per Sutera, nel cui erto castello era stato trasferito il principe di Taranto. Levatonelo, in sua compagnia venne a Lentini, ove da altre parti si ridussero il conte di Brienne e tutti gli altri prigionieri. Vi venne anche il duca di Calabria e vi stette col re con tanta dimestichezza e familiarità, che, recatisi a diporto in una villa ivi presso, che chiamavasi il Silvestro, senza aversi alcun sospetto, giacevano nello stesso letto.
Passati poi tutti in Catania, quindi si dipartirono. L’ammiraglio Loria, prestato prima l’omaggio al re pel castello d’Aci, si diresse coll’armata in Messina. Il duca, il conte e gli altri vi si recaron per terra. Ivi giunti, il conte di Valois diede un lauto desinare a’ baroni siciliani, che colà erano, fra’ quali fu invitato Nicolò Palici, che comandava nell’ultimo assedio. Alla fine del pranzo, parlando familiarmente, il conte gli domandò qual’era la disposizione degli animi dei messinesi, quando in quell’assedio furono ridotti affatto stremi di vivere.
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