«Quando» rispose Palici «non avremmo più trovato nè un topo da mangiare, anzi che renderci, avremmo dato foco alla città, e poi saliti sul castello e sul real palazzo, quindi giù ci saremmo buttati in mare.» A tal risposta il conte crollando la testa guardò il duca di Calabria, dicendogli «Siamo stati ingannati dalla vana speranza di acquistare questo regno. Ne abbiamo trovato inespugnabili le città e le castella; ed anche più inespugnabili gli animali degli abitanti.»
Il domani furon partiti. Re Carlo II approvò la pace conchiusa. Papa Bonifazio ne fu indispettito: ma non potea negarsi a confermare il trattato. Era egli allora in aperta guerra con Filippo re di Francia, il quale preparavasi a scendere in Italia con grosso esercito per deporlo dalla sede pontificia; però era a temere che negandosi a ratificare il trattato, quei principi non si fossero collegati al suo nemico. Pure, nel confermarlo, vi aggiunse che re Federigo quindi innanzi dovesse avere il titolo di re di Trinacria e non più di Sicilia, e dovesse pagare alla camera apostolica quindicimila fiorini l’anno per ricognizione del preteso supremo dominio dei papi sulla Sicilia e le isole aggiacenti. Il re piegossi a tali condizioni come erasi piegato alla pace, coll’intenzione di cancellare l’une e l’altra a miglior tempo. Intanto per dar piena esecuzione al trattato, sul cadere di quell’anno stesso venne in Messina con isplendido corteo la principessa Eleonora, ed ivi seguirono le reali sponsalizie.
III. - Ma i mali d’una lunga guerra non cessano in un momento.
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