Intanto sopraggiunto l’inverno, l’esercito nemico senz’altro ricovero che i pochi tuguri, che erano in quei campi, cominciò oltremodo a soffrirne i mali, ai quali s’aggiungea la scarsezza dei viveri; che per le strade rotte, per l’animo contrario della nazione, per la presenza delle truppe siciliane non poteano aversene. Il re in questo, riunito già l’esercito, presta l’armata, fe’ dirigere a Trapani il grand’ammiraglio Giovanni Chiaramonte con sessantacinque galee; ed egli stesso vi si accostò coll’esercito, per assalire in mare e in terra il nemico. Re Roberto per prepararsi all’attacco delle galee siciliane avea costrutto un ponte, per cui dal lido potea passarsi sulle sue navi e rinfrescar la battaglia navale. L’armata siciliana era già presso Trapani a Bonagìa, quando un furioso vento l’obbligò a tornare in Palermo. Il re, che giunto a S. Giuliano, potea vedere i movimenti dell’armata, soprastette. La stagione non permettea di tornar tosto all’impresa. Per la scarsezza dell’erario non poterono pagarsi puntualmente i soldi ai galeotti; onde questi si sbandarono. Dall’altro lato l’esercito di re Roberto struggeasi senza speranza d’aver Trapani; onde nel dicembre di quell’anno fu conchiusa tra’ due re una tregua sino al marzo dell’anno appresso: di che il re diè conto al comune di Palermo con sua lettera.
Il lungo assedio di Trapani valse pel re meglio di una vittoria: tanto le forze nemiche ne furon diminuite. La maggior parte de’ legni o eran naufragati o furono abbandonati sulla spiaggia, perchè inabili a tenere più il mare.
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