Per adempir poi alla promessa di temporali soccorsi per quella guerra, riunì in Milazzo cinquanta galee, alle quali se ne aggiunsero trenta de’ ghibellini genovesi, e salitovi sopra re Pietro con molti de’ baroni siciliani, quell’armata levò le ancore, e danneggiate prima alcune spiagge nemiche, si ridusse in Asturi. Alcuni di que’ cittadini, come le galee radevano il lido, colle balestre ferirono uno de’ galeotti ed un altro ne uccisero. Si risovvennero allora i Siciliani di essere stato in quella terra tradito l’infelice Corradino e vollero farne vendetta; però preso terra, la città fu presa, saccheggiata e poi ridotta in cenere. Si sparse allora voce di esser l’imperatore partito da Roma e che i Romani eran tornati all’obbedienza di papa Giovanni; per lo che pensava re Pietro di fare ritorno: ma sopraggiunto Pietro d’Antiochia, gran cancelliere del regno, e Giovanni Chiaramonte, che il re avea prima spediti a portare un soccorso di danaro all’imperatore, dissero essere l’imperatore diretto a Corneto; per questo re Pietro a lui rimandò il gran cancelliere e il Chiaramonte per dargli notizia del suo arrivo in quelle parti, egli andò ad aspettarli alla foce del Tevere. Dai contrarî venti fu obbligato a riparar coll’armata in porto Ercole ed ivi ridusse all’obbedienza del re quelle isolette. Tornati i due messi, dissero che l’imperatore volea abboccarsi col re in Corneto. Ivi si ridusse l’armata siciliana. Accozzatisi tentarono invano l’assedio di Grosseto, poi vennero in Pisa e dopo pochi dì l’uno fe’ ritorno in Germania, l’altro in Sicilia.
| |
Milazzo Pietro Asturi Siciliani Corradino Roma Romani Giovanni Pietro Pietro Antiochia Giovanni Chiaramonte Corneto Pietro Chiaramonte Tevere Ercole Corneto Grosseto Pisa Germania Sicilia
|