Ma la Sicilia, cui nè le scomuniche e gli interdetti, nè le armi di tanti principi avean potuto sottomettere, era divenuta il punto d’appoggio non che degl’imperatori di Germania, a’ quali gravemente increscea di avere il solo titolo di re de’ romani, mentre i papi ne aveano il dominio, ma di tutti i nemici che il governo pontificio avea in Italia, i quali eransi accresciuti, da che Giovanni XXII avea trasferito la sua sede in Avignone, per cui sin d’allora venivansi cumulando i materiali per la rivoluzione scoppiata in Roma tredici anni dopo, diretta da Cola di Rienzo. Talmentechè quando l’imperator Lodovigo di Baviera fu coronato in Roma, i romani mandarono ambasciatori a papa Giovanni per pregarlo a ritornare in Roma, altrimenti si protestavano innanzi a Dio, che scusati sarebbero i figli, se, privi della presenza del padre, traviavano a destra o a sinistra.
Per tali ragioni molto calea a’ pontefici il torsi quel bruscolo dagli occhi; per lo che papa Benedetto, quali che fossero stati i suoi privati sentimenti, mentre era cardinale, assunto al ponteficato, seguì le pedate del suo predecessore; e comecchè benignamente avesse accolti gli ambasciatori siciliani, pure sordo mostrossi alla proposizione di pace fatta per esso e replicata in appresso per altri.
IX. - Perduta ogni speranza di pace, diedesi il re a preparare ogni difesa per un nuovo attacco, di cui minacciavalo re Roberto. In questo gli venne avviso che i Mori delle Gerbe eransi rivoltati ed assediavano il castello.
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