Sentendo vicina l’estrema ora, volle beneficare per l’ultima volta le persone a lui più care e far testamento. Creò l’infante Giovanni suo figlio marchese di Randazzo e della valle di Castiglione e Francavilla, conte di Mineo e signore di Troina. Investì Federigo d’Antiochia della contea di Capizzi e di Mistretta, e Francesco Ventimiglia, primogenito del conte di Geraci, della contea di Collesano. Lasciò il re Pietro II erede, non che del regno, ma dei dritti sullo provincie ch’erano in potere dell’Angioino; e chiamò in caso di estinzione della linea di lui, quella de’ due altri figliuoli Guglielmo e Giovanni; ed estinta anche questa, chiamò alla successione D. Alfonso re d’Aragona, suo nipote, e’ suoi discendenti. Come era a lui premorto il suo secondogenito Manfredi, da lui investito dei ducati d’Atene e di Neopatria, investinne il terzo figliuolo Guglielmo, e volle che li tenesse come feudo della Sicilia, ed oltracciò lasciogli Noto, Avola, Spaccaforno e Calatafimi.
Ridottosi poi in Castrogiovanni ed ivi peggiorato, volle esser trasferito in Catania. Tale era lo amore dei Siciliani per quel re, che uomini accorreano da tutte le parti ed addossavansi la lettiga che lo portava, per rendergli men disagevole il viaggio. Ciò non di manco, giunto presso Paternò nella chiesa di S. Giovanni de’ Gerosolimitani, finì dì vivere addì 25 giugno del 1337. Trasportato il suo cadavere in Catania, fu orrevolmente tumulato in quel duomo, comechè avess’egli disposto d’esser seppellito co’ re suoi predecessori in Palermo.
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