Sia dalla conquista eran venute a stabilirsi in Sicilia molte famiglie straniere. Ogni dinastia avea menato seco i suoi ed investitili dei feudi, di baronie, di contee. Indi naturalmente avvenia che i primi venuti guardavano di mal occhio i più recenti, e però a malincuore soffrivano gli altri baroni l’ingrandimento e il predominio acquistato dagli Aragonesi e Catalani. Primo fra questi era il conte Blasco Alagona. I segnalati servizii dell’avo, del padre e di lui stesso, il gran favore, che avea goduto, dei re Federigo e Pietro II e del duca d’Atene, avean fatto tacere l’invidia: ma questa s’accrebbe quando, passato lo scettro ad un re minore, nelle sue mani per la carica, che indossava, venne il governo. Nè il piccolo duca d’Atene potea dargli altro appoggio che del suo nome. Però la maggior parte de’ baroni aspettava il destro di levare all’Alagona ogni sua autorità.
Tale era lo stato del regno quando nel giugno del 1348 venne il conte Matteo Palici. Tentò egli sbarcare in Messina, ove avea molte dipendenze, ma ne fu impedito dall’Alagona che colà trovavasi, onde secretamente avvertito dalla regina, si diresse a Palermo. Intanto l’Alagona, visto che il popolo di Messina era quasi per tumultuare contro di lui, volle ritrarsi in Catania menando seco il re: ma lasciò al governo della città don Orlando d’Aragona. La regina mostrò d’aderirvi: si mise in via, ma, fatto poco cammino, ordinò al conte di precederla per preparare gli alloggi. Allontanatolo così, chiamò a se il Turtoreto gran protonotaro, il quale avanti sentiva in medicina, e chiese il suo parere sulla salubrità dell’aria di Catania pel re in que’ tempi estivi.
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