Colui che avea avuta la carica per essere stato nemico dei Palici, e per conservarla avea mestieri del favore della regina, rispose che veramente l’aria di Catania non era in quella stagione salutare pel re; onde la regina si recò a Montalbano e quindi fe’ ritorno in Messina.
I Palici intanto vennero in Palermo, ove si riunirono ai due fratelli Enrico e Federigo Chiaramonte figliuoli d’una sorella del conte Matteo, e per loro opera ribellarono la città al dominio dell’Alagona. Venutine fuori con gran comitiva, si diedero a percorrere il regno e da per tutto furono ben accolti. Loro principale impegno era di ribellar le terre soggette al piccolo duca di Atene, e ben lor venne fatto; chè solo Aci, Paternò e Mineo a lui restaron fedeli. Fra le terre sottratte al dominio del gran giustiziere era Naro, che a don Artale suo figliuolo si appartenea, recatagli in dote dalla moglie figliuola di Pietro Lanza. V’accorse il gran giustiziere, e trovatala ben munita, la cinse d’assedio, ed i soldati suoi si diedero a sperperarne le campagne, a rapire e scannare tutto il bestiame che vi trovarono, e questo fu in tal quantità, che il fetore di migliaja d’animali morti sparsi intorno al campo produsse gravi malattie nell’esercito; onde l’Alagona fu costretto a decampare e far ritorno in Catania.
Intanto i Palici con grandi forze avvicinavansi a Messina. Don Orlando d’Aragona, che vi comandava, conosciuto il gran numero de’ loro amici in quella città e soprattutto l’animo della regina, che apertamente li favoriva, venutone fuori, si ridusse in Catania colla gente sua e con tutti i messinesi nemici de’ Palici.
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