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      Nè questi tardarono ad entrar trionfanti in città: e fattisi così padroni della persona del re, cominciarono ad ordinare in suo nome ciò, che loro tornava a grado.
      Il gran giustiziere intanto, chiuso in Catania con tutti i Catalani, la munì di fortificazioni in modo da non temere l’attacco dei nemici. Corse al castello d’Aci e ne trasse il tesoro ripostovi dal morto duca d’Atene, e con esso (oltre ai cavalieri che seco avea in gran numero) assoldò molte bande di pedoni toscane, lombardi e di altre nazioni, che chiamavansi allora briganti.
      III. - Il regno tutto fu allora diviso in due parti. Latini diceasi i Palici e’ loro, Catalani gli altri. Nell’urto di quelle fazioni l’ordine sociale fu sciolto; l’autorità del re vilipesa, non che frenasse, divenne strumento delle fazioni; le leggi furono da per tutto od obbliate od apertamente violate; furti, incendii, assassinii, stupri, violenze d’ogni maniera si commettevano impunemente; comunicatasi la scissura non che alle città, alle private famiglie, più non si conobbero i sociali doveri, più non si sentì la voce stessa della natura; le città vicine pugnavan tra esse, e nella città stessa pugnavano cittadini contro cittadini, amici contro amici, fratelli contro fratelli. Nè maggior sicurezza era in mare, chè tutte le spiagge dell’isola erano infestate da pirati aragonesi, genovesi, siciliani, stipendiati dall’una o dall’altra fazione.
      La regina stessa cercò spegner quel foco da lei suscitato; venne in Taormina e vi chiamò il gran giustiziere per trattare una pace.


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Somma della storia di Sicilia
di Niccolò Palmeri
Editore Meli Palermo
1856 pagine 1468

   





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