Finalmente addì 20 luglio i regii, perduta ogni speranza di aver Catania fecero ritorno in Lentini.
IV. - La guerra continuavasi con vantaggio or dell’una or dell’altra parte. Sconfitti furono i catalani nel cercar di ricuperar Troina; e vi lasciò la vita fra gli altri don Giovanni d’Aragona figlio dell’infante don Sancio, fratello, benchè di diversa madre, del re Federigo. Ebbero la peggio i latini nel tentare d’aver Paternò. Noto si die’ ai catalani per opera di don Orlando d’Aragona e di Landolina. In questo il conte Matteo Palici stanco della guerra spedì messaggieri in Catania al gran giustiziere un Filippo di Chipiro messinese, giudice della gran corte, con proposizioni di pace: ma mentre trattavasi, alcuni fuorusciti di Piazza, che per la fazione catalana teneansi; indettatisi con altri dei loro terrazzani, che parteggiavano pe’ Palici, ribellarono la città. Creduto ciò un tradimento, i catanesi volean mettere a morte il messo; il gran giustiziere conosciuto che ned egli, nè il conte Palici aveano avuto parte all’accaduto, salvollo, e continuò la trattativa. La pace fu conchiusa a tali condizioni; che fossero restituite al duca d’Atene Randazzo, Francavilla, Vizzini e Troina, al conte Alagona Mistretta, Naso e Capo d’Orlando, e come non potea restituirsi al conte Palici la terra di Caronia, tenne in quella vece Montalbano e Butera che all’Alagona prima apparteneano. Si convenne inoltre che il conte Alagona continuasse nella carica di gran giustiziere sino alla maggiorità del re, ma da esercitarne la giurisdizione solo nelle terre di suo dominio, come i Palici ed i Chiaramonti la stessa giurisdizione aver doveano nelle terre loro.
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