E mandò al tempo stesso una galea in Messina, per invitare il re a recarsi in Catania.
Era il re dolentissimo dell’accaduto e particolarmente della morte della contessa Palici, la quale era congiunta di sangue colla regina sua madre ed era stata a lui molto cara. Vedova di Martino Santo Stefano, maggiordomo del re Pietro II, la regina stessa aveala data in moglie al conte Palici, ed aveale affidata l’educazione del re suo figliuolo, il quale, cresciuto nelle sue braccia, teneramente l’amava. E però acremente si die’ a rimproverare il conte Simone Chiaramonte di aver congiurato contro il suocero. Ricevuto l’invito del gran giustiziere, accettollo con lieto animo, e senza farne motto ad alcuno, salito su quella galea coll’infante don Federigo suo fratello, venne in Catania, ove fu accolto con gioja straordinaria. La badessa e le altre sorelle del re accompagnate dal conte di Cerami e dal conte Simone Chiaramonte vi si recarono anch’esse.
Il conte Chiaramente, giunto in Catania, conoscendo il mal’animo del re verso di lui, senza farglisi vedere ne partì e venne a Motta-Santa-Anastasia; di che inteso il re, mandogli ordine di venire a lui: ma quello rispose, che vi verrebbe semprechè il re gli perdonasse qualunque colpa. Il re maggiormente adirossi a tal risposta; e quello da Motta passò in Lentini, ove era capitano il suo congiunto Manfredi, e prepararonsi ivi a vigorosa difesa.
Intanto il re, per levare ogni cagione di contesa, dichiarò sua vicaria la badessa sua sorella maggiore, e per farla riconoscere convocò un parlamento in Catania.
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