Manfredi e ’l conte Simone combattean da disperati: ma non poteano impedire la strage che facean di loro i capitani della parte del re. Cinquanta cavalieri caddero per mano del solo Rugieri Tedesco. In breve tutto quello esercito fu rotto e volto in fuga; dugento ne restarono morti sul campo, cinquanta ne furon presi. In tutta quella guerra non fu battaglia più sanguinosa di questa. Il conte Simone ebbe a gran ventura potersi salvare in Lentini. Manfredi fuggendo con pochi de’ suoi si nascose nella Torre del Pantano, onde, fatta notte, si ridusse poi a Lentini.
Ottenuta quella vittoria, volea il re correre con tutte le sue forze ad assediar Lentini, ma ne era impedito dalla mancanza di denaro per pagare gli stipendiarî. Il comune di Catania, che tanti sacrifizî fece allora, vi supplì con diminuire il peso del pane che vendeasi, onde per ogni salma di frumento aveasi un profitto di dieci tarì, che fu dato al re. Tolta così la difficoltà, il re stesso con tutti i suoi baroni venne fuori di Catania con meglio di secento cavalli ed innumerevole stuolo di pedoni. Era fra gli altri, che accompagnavano il re, Giovanni di Luna vescovo di Catania, che menava seco quindici cavalli. Era egli sceso dagli antichi re d’Aragona, e con animo veramente regio era largo delle sue facoltà a chiunque ne avea mestieri e sopratutto al re stesso.
Cinta d’assedio Lentini, stette il re tre giorni senza recar danno alle campagne, sperando che la sua presenza avesse mosso i Lentinesi a darsi a lui: ma vistili ostinati, die’ mano a devastar le campagne loro.
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