Il re si recò in Catania, la vicaria andò in Randazzo ad unirsi col conte Errigo e col conte di Geraci; e quindi vennero ribellando molte delle città del regno. Per accrescer le loro forze bandirono un indulto per tutti i malfattori che fossero venuti a servire nell’esercito loro. Con tali commilitoni vennero in Motta-Santa-Anastasia, e quindi accostaronsi in Catania, e trovatavi forte resistenza, ne incesero tutti i campi. Era di giugno, le biade eran, non che mature, mietute, onde la ricolta di quell’anno fu affatto perduta.
Da Catania vennero a Milazzo, che allora teneasi da’ Napolitani. Vi comandavano Niccolò Cesareo e Giacomo di Aloisio cavalieri messinesi ai quali la vicaria promise grandi doni, il perdono della loro passata ribellione e la restituzione di tutti i loro beni, se tornavano all’obbedienza del re ed a lui restituivano la città. Coloro accettarono il partito, abbatterono la bandiera napolitana, inalberarono la siciliana, coloro della guarnigione che voleano opporsi furon morti o fatti prigionieri. La città venne in potere della vicaria, la quale in compagnia dei due conti, menando seco i prigioni venne trionfante in Messina e fece stratigoto di quella città il conte di Geraci.
Intanto il Cesareo, nemico in cuore del conte Enrico Rosso, congiurò contro di lui, e ben gli venne facile trovar compagni, chè il Rosso non era nè men tiranno nè men rapace del conte Palici. Il popolo tumultuando si die’ a gridare. «Viva lu re di Sicilia e mora la casa Russa.» Tutti gli amici, aderenti e congiunti di quel conte o fuggirono o furon morti o corsero a chiudersi ne’ castelli di Mattagrifone e del Salvatore.
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