Tali capitani erano eretti delle volte per una sola città, delle volte per più. Riuniti così nella stessa persona tre distinti incarichi; il governo delle città, l’amministrazione della giustizia divennero puramente militari. Ma le capitanie spesso usurpavansi di forza dalla fazione contraria, e spesso un capitano per tradimento, consegnava la città alla parte opposta. E non fu raro il caso che un traditore dopo d’avere ricevuta la ricompensa del tradimento, con nuovo tradimento acquistavasi merito dalla parte prima tradita. Nè lo impero delle leggi, nè l’autorità del sovrano, nè la fede de’ patti, nè i legami d’amicizia, nè i vincoli stessi del sangue eran dicco alle usurpazioni. Mentre la contessa di Sclafani era in quel suo castello, vi venne a visitarla il suo nipote Matteo Moncada; accolto con ogni urbanità dalla zia vi stette alquanti giorni. Una volta che la contessa venne fuori dal castello per recarsi alla vicina chiesa di Santa Maria, il Moncada; fatta chiuder la porta del castello, lo ritenne per se. Don Sancio d’Alagona fece cacciare dal castello di Patti il suo cugino Bonifazio che pel re lo tenea; avutolo, ivi a non molto consegnollo a’ nemici. Era stretta amicizia tra lo stesso Matteo Moncada e Perrello di Modica barone di Sortino. La baronessa, per esserle morto in castello un figlio, volle per alcun tempo abitare altrove; il marito pregò il Moncada, ad appigionargli il castello di Curcuraci, e, non che pagargli la pigione, gli permise di abitare in quel tempo nel castello di Sortino e tenervi un suo castellano.
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