» Il conte non credendo il re capace di dissimulazione, fu tanto sicuro della sincerità di lui, che avendogli il frate chiesto licenza di parlare al re in segreto, gli consentì. Quando furon soli, il frate cominciò a dirgli, che pensasse meglio a ciò che facea; ch’egli come stretto congiunto del re d’Aragona, non dovea fargli l’affronto di rimandargli la figliuola, dopo essere stato convenuto il matrimonio; nè quel re lo avrebbe tollerato in pace, ed avea forze tali di farnelo pentire. A que’ detti il re tutto acceso in volto, sospirando rispose, che in presenza del conte di Geraci non avea potuto fare a meno di tenere quel linguaggio; che tutt’altri erano i suoi sensi; ch’egli non era padrone della sua persona; ma sperava presto uscire di servitù: lo incaricò di tornare alla principessa ed assicurarla ch’egli ardentemente desiderava di unirsi a lei; che intanto ella si dirigesse in Catania, ove il gran giustiziere avrebbela accolta e custodita, fino a tanto ch’egli potesse raggiungerla.
Il conte di Geraci nulla sospettando di ciò, sicuro anzi della risoluzione del re di non voler più la principessa aragonese, fu d’allora in poi meno vigilante nel custodirlo. La principessa Costanza dall’altro lato nel ricevere la risposta del re, tutta lieta si rimbarcò e venne a Sciacca, ove venne a trovarla il gran giustiziere, il quale, saputo l’arrivo di lei in Trapani, da Catania erasi diretto a quelle parti: rispettatala come nuova regina, seco la condusse in Mineo.
In questo venne un giorno il ticchio al conte di Geraci d’andare alla caccia.
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