Ma la gioja per la resa di Messina fu avvelenata dalla morte della regina Costanza, seguita in Catania nel luglio del 1363, dopo d’aver dato alla luce una figlia, ch’ebbe nome Maria. Ivi a pochi anni poco mancò che il re stesso fosse morto per mano d’un assassino. Trovavasi egli in Messina nell’ottobre del 1371 quando ebbe un giorno a celebrarsi nella chiesa di S. Francesco una messa novella; volle assistervi con tutta la corte; nell’uscir di chiesa presso la porta sentì pungersi nel ventre da uomo avvolto in rozzi panni: il re stesso colla mano lo allontanò; l’assassino era per dargli un secondo colpo; ma ne fu impedito da una pinta datagli dal conte di Geraci, il quale ordinò alle guardie d’arrestarlo, senza metterlo a morte. Esaminata la ferita del re, furon trovate forate le vesti, il corsetto e la cammicia; ma il pugnale avea fatto solo una scalfittura nella pelle. Cominciato il processo dell’assassino, si trovò d’essere un sellaro fiamingo o francese di nome Tommaso: messo ai tormenti disse, che trovandosi anni prima in Catania un cavaliere di nome Corrado, avealo indotto con grandi promesse ad uccidere il re; che non gli era ciò venuto fatta in Catania, per essere il re venuto a Messina: che vi s’era recato egli stesso e vi avea fatto fare a bella posta il pugnale. Del cavaliere non sapea altro che il nome, ma dai segni che diede della taglia, dell’età, del colorito, de’ lineamenti del volto s’argomentò d’esser costui un Corrado Castello nobile catanese. Lo stratigoto e la gran corte condannò il mandatario a morire bruciato: ma ignoriamo il destino del mandante; forse, visto fallito il colpo ed arrestato il suo mandatario, sarà fuggito da Sicilia.
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