Nel suo testamento dichiara la figliuola Maria erede del regno e dei ducati d’Atene e Neopatria: morta questa senza figli, vuole che succeda il suo figliuolo naturale Guglielmo, cui lascia le isole di Malta e del Gozzo e ’l governo di Messina e delle valli di Demone e Noto. Estinta la linea di costui, chiama alla successione i discendenti della regina d’Aragona sua sorella. Lasciò bailo della figlia e vicario del regno, finch’ella fosse raggiunta all’età di diciotto anni, il conte Artale Alagona gran giustiziere del regno. Dichiarò nulle tutte le concessioni da lui fatte; e finalmente volle che s’egli fosse debitore del conte Arrigo Rosso, si pagasse a costui il suo credito ad arbitrio del gran giustiziere. In un codicillo, che poi fece, annullò gli ultimi due articoli del testamento, e lasciò a don Giovanni di Aragona suo fratello naturale once cinquanta all’anno per suo mantenimento. Tanto valea allor la moneta. Celebratigli i solenni funerali, fu il suo cadavere tumulato nel duomo di Messina.
CAPITOLO XXXIX.
I. Principii del regno della regina Maria: suo matrimonio. - II. Martino viene in Sicilia. - III. Si ripiglia il corso della giustizia. - Martino aderisce all’antipapa ed il regno si ribella. Sottomettonsi i ribelli. Si riordina il regno. - IV. Sopravvengono nuove turbolenze. Si ripara. - V. Principii di altre gare. - VI. Figli di Martino. - VII. Spedizione di Sardegna. - VIII. Morte dei due Martini.
I. - Morto appena il re, il gran giustiziere, perchè il governo non fosse turbato dall’ambizione de’ grandi, scelse a suoi compagni il grand’ammiraglio Manfredi Chiaramonte, il conte di Geraci e ’l conte Guglielmo Peralta, e tutti e quattro furon detti vicarî. Tal maniera di governo processe per alcun tempo tranquillamente: ma presto quella pace fu turbata.
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