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      In questo, qual ne fosse stato il perchè, egli rientrò in città. Avvistosene il Lihori, pose in agguato una mano dei suoi; e, come quello venne fuori, colto alla provveduta, fu preso, e il Lihori, per meglio custodirlo, lo mandò nel castello della sua terra di Motta.
      II. - Mentre la Sicilia era miseramente lacerata dalla fazioni d’Aragona, Valenza e la Catalogna pensavano solo a darsi un re; ed in ciò processero con tal maturità di consiglio ed unità di volere, che l’Europa vide l’esempio unico di disporsi di tanti regni, come d’una privata successione, per sentenza di un magistrato. Nove persone, due vescovi, due monaci, un gentiluomo e quattro giureconsulti, probi tutti e sapienti, furono scelti e si riunirono nel castello di Caspe; ove, ascoltate le ragioni di tutti i pretendenti, decisero in favore di Ferdinando infante di Castiglia, figlio di una sorella di Martino il vecchio, principe virtuoso, che meritò dai popoli il soprannome di giusto. E tosto venne acclamato e coronato.
      Temeasi a ragione dal nuovo re d’Aragona, che la Sicilia, la quale non avea avuta alcuna parte alla scelta, nè potea in conto alcuno tenersi annessa all’Aragona, non si sottraesse al suo dominio. Davagli anche da temere il re Ladislao di Napoli, il quale collegatosi a papa Giovanni, ne avea ottenuta l’investitura di questo regno: e trovandosi il papa già padrone di Messina e di Milazzo e quel re vicino, potean di leggiere insignorirsi della Sicilia. Per tali ragioni re Ferdinando spedì alcuni suoi ambasciatori, uomini avveduti e valenti, di Sicilia, i quali nel dicembre del 1412 furono in Trapani.


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Somma della storia di Sicilia
di Niccolò Palmeri
Editore Meli Palermo
1856 pagine 1468

   





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