Però la richiesta dei Siciliani fu respinta: ma il re promise in quella vece che avrebbe mandato a regger la Sicilia in suo nome l’infante Giovanni duca di Pegnafiel, suo secondo figliuolo.
IV. - Venne infatti in Sicilia quei principe nell’aprile del 1415; e tosto la regina Bianca ne partì. Per la repulsa non era venuto meno il desiderio de’ Siciliani; anzi l’arrivo dei principe pare che l’abbia reso più fervido. La città di Messina gli spedì suoi ambasciatori in Palermo, per ossequiarlo e presentargli alcune dimande per lo bene del regno. Pria d’ogni altro chiedevano apertamente che l’infante fosse non vicerè ma re, perchè ciò aveano sempre chiesto al re suo padre. L’infante rispose ringraziando quella città del buon volere; ma conchiuse che avendo un re virtuoso, giusto, benigno e potente, non accadea parlare oltre di ciò.
Forse la speranza di potere in breve presentare le loro suppliche al re di persona contenne allora i Siciliani; dachè l’infante vicerè nel rispondere ad uno de capitoli de’ Messinesi, in cui chiedeano che si desse riparo alle frequenti incursioni dei barbareschi, avea assicurato che fra poco il re si sarebbe recato in Nizza per concertare coll’imperator Sigismondo i mezzi di torre lo scisma dalla Chiesa, menando seco una numerosa armata, e quindi dovea passare in Sicilia. Ma come si seppe che quel congresso non più in Nizza ma in Perpignano ebbe luogo, e che ivi il re erasi gravemente ammalato, non si contennero più i Siciliani, ed apertamente rammentavano le gloriose gesta dei loro padri quando in onta all’Aragona aveano elevato al trono Federigo II. Nè saprebbe dirsi che ne sarebbe stato, se altro cuore avesse avuto quel principe o se i consiglieri aragonesi e castigliani, che più a lui erano attorno, fossero stati meno vigilanti.
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