Ciò non di manco restava ancora a quel re fuori del regno il dominio de’ ducati d’Atene e di Neopatria; ma, morto lui, coloro che restarono al governo pensaron più presto a raffermare le loro usurpazioni, che a governare quelle lontane provincie, le quali abbandonate a loro stesse cercaron la protezione di Pietro re d’Aragona, che non tardò a mettersene in possesso come colui che pretendea a lui spettare, non che quelle provincie, ma tutto il reame. E se i due Martini ne riebbero il dominio, ciò fu per la cessione loro fatta da re Pietro di tutti i suoi dritti sul regno di Sicilia, di cui quelle provincie facean parte: se quei due re, con franca mano ripigliarono tutti i diritti de’ re siciliani sulle cose ecclesiastiche, se negaronsi all’ignominiosa prestazione del censo, ciò fu pel loro personale coraggio, per le truppe aragonesi, di cui si facean forti, e soprattutto per lo scisma che dividea la Chiesa, per cui fra tanti papi ed antipapi, che si combattevano e scomunicavan l’un l’altro, nessuno potea pensare a difendere le recenti usurpazioni, anzi ognun d’essi cercava di careggiare quei due re per trarli alla sua. Ma tutto ciò non venne a rilevare la gloria e la potenza del regno di Sicilia; chè anzi dalla venuta de’ Martini in poi alla lunga anarchia successero le guerre civili e le gare municipali suscitate da’ baroni aragonesi di recente venuti; alle antiche successero le nuove devastazioni; a tante cause d’impoverimento successe la dispendiosa spedizione di Sardegna.
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