Il re in questo venne in Sicilia, per fare i necessarii preparamenti. In Messina convocò a tale oggetto il parlamento, in cui intervennero molti baroni di Calabria. Fatto finalmente ogni appresto, recossi il re stesso in Napoli con grande accompagnamento di conti e di baroni aragonesi e siciliani. Fu accolto con grandi dimostrazioni di stima dalla regina: e a dì 8 luglio 1421 fu ratificato l’atto d’adozione con tutte le condizioni di già convenute.
Gli Angioini, non potendo resistere alle forze unite della regina Giovanna e d’Alfonso, sgombrarono il regno. I baroni, che avean parteggiato per essi tratti da’ piacevoli modi e dalla magnificenza del re, vennero volentieri a giurargli fedeltà. Ogni cosa parea lieta in Napoli: ma tale letizia fu di breve durata. Il gran siniscalco Caraccioli sin dal momento ch’erasi presentato al re in Ischia, ove egli erasi fermato prima d’entrare in Napoli, vistolo giovane, bello, cortese, temè d’essersi procacciato un pericoloso rivale, che potea soppiantarlo; per lo che cominciò ad ispirare alla regina sensi di diffidenza, i quali, cessato il pericolo, cominciarono a manifestarsi e s’accresceano a misura che la regina vedeva il re ossequiato da tutti i grandi del regno e ben veduto dal popolo. Disgustatasi allora apertamente di lui, lasciatolo in Gaeta, ove entrambi eransi ritirati, se ne venne in Napoli. Fu vano ogni mezzo di riconciliazione. Conosceva il re che il mantice principale, che soffiava in quello incendio, era il drudo di quella regina Ser Gianni Caracciolo; per allontanarnelo, lo fece imprigionare.
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