Vuolsi che per la stessa via si sia introdotto in Napoli mille anni prima Belisario per cacciarne i Goti che vi regnavano. Alfonso fece entrare in quell’aquedotto dugencinquanta de’ più prodi soldati suoi guidati da Aniello e capitanati da Diomede Caraffa, i quali fattisi padroni della torre, ne diedero il segno al re, ch’erasi avvicinato ad una delle porte della città, aperta la quale dal Caraffa, entrò in città con tutto l’esercito nel giugno del 1442. Renato fu per esser preso; chiusosi nel Castel nuovo, ivi a pochi giorni, venuto a patti col re, ne partì. Così gli Angioini perderon finalmente quel regno dopo 177 anni che lo teneano; e come re di Sicilia faceano chiamarsi anch’essi, Alfonso da quel momento prese il titolo di re delle due Sicilie.
Dalla Sicilia trasse Alfonso genti, viveri, denaro in gran copia per quella guerra: molti Siciliani vi si segnalarono, fra’ quali innanzi ad ogni altro si distinse il conte di Geraci Giovanni Ventimiglia pel suo valore in guerra, pel suo senno nel governo. Il re ne lo meritò col titolo di marchese; e, come in quel regno e nel posteriore non furono altri marchesi in Sicilia, egli era chiamato lu marchisi.
IX. - Pur comechè le cure e gli sforzi di re Alfonso fossero stati per vent’anni diretti a quella impresa, non si astenne da altre. Il prode infante don Pietro fratello di lui, venuto in Sicilia con numerosa armata nel 1423, unitosi a Federigo conte di Luna grand’ammiraglio del regno, ne partì nel settembre di quell’anno, e si diresse a Genova in soccorso di Tommaso Fregoso, il quale dal duca di Milano era stato cacciato dalla sedia ducale, ed obbligò quei repubblicani a restituirlo nella carica di doge.
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