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      Permetteano allora le leggi ai rei di sottrarsi alla pena corporale con una prestazione in denaro, e ciò diceasi composizione: dichiarò il re in quel parlamento che il diritto di rimettere le colpe gravi era così aderente alle ossa sue che non poteasi svellernelo; e però vietò a qualunque magistrato di far composizioni (551).
      Si passò poi a stabilire i diritti dei castellani e de’ servienti delle castella; e quelli che i carcerati dovean pagare ai castellani ed ai prigionieri. Degno è di somma lode a tal proposito il capitolo 43, in cui si stabilisce esser le carceri destinate alla custodia, non alla pena delle persone: per che fu bandito, che tutti coloro, che aveano avuto concesso il diritto di carcere, dessero opera infra sei mesi, pena la perdita di quel diritto, che la casa destinata a prigione fosse comoda e salutevole; e che i giurati e il capitano d’ogni città visitassero una volta il mese le carceri e curassero che i carcerati fossero ben trattati dai loro prigionieri.
      Volle poi il parlamento provvedere al buon andamento dell’amministrazione de’ comuni, con richiamare in osservanza i capitoli di re Federigo II. Semplicissimo era allora il modo con cui i comuni governavansi. Tutte le gabelle e le rendite del comune venivano in potere del tesoriere, spendevansi dai giurati coll’intelligenza del consiglio municipale composto dal bajulo, dal capitano, dai giudici e da alquanti borghesi. Un maestro giurato sorvegliava la condotta dei giurati delle città comprese nella sua provincia, le visitava d’una in una, esaminava i conti, vegliava perchè il danaro fosse speso nelle opere pubbliche stabilite dalla legge, e trovando frodi, mal versazioni od altra colpa ne’ giurati, li puniva, e se il delitto eccedeva i limiti della sua competenza, compilava il processo e lo trasmettea al governo, per pigliarne cognizione la gran corte.


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Somma della storia di Sicilia
di Niccolò Palmeri
Editore Meli Palermo
1856 pagine 1468

   





Federigo II