Tranne i procuratori di Palermo, le cui istruzioni portavano ch’ei dovessero aderire alla proposta del vicerè, tutti gli altri si uniformarono al voto del Messinese; anzi, giunta in Palermo la notizia dell’onorata condotta dello Staiti, e del dissenso delle altre città, si rivocarono le prime procure, altri procuratori si elessero con istruzioni diverse dalle prime.
Vinto così il partito della negativa, il vicerè non volle chiudere il parlamento, ma prorogatolo, lo trasferì in Palermo, assegnando il giorno 25 del seguente ottobre per la sua riunione. Ma, sia che nessuno vi si fosse recato, sia ch’egli venuto in Palermo, vi avesse trovati contrarî anche coloro che da prima avea tratti alla sua; quel parlamento non fu più conchiuso. Nè guari andò che giunse in Sicilia la nuova d’essere, addì 19 di gennaro del 1479 finito di vivere re Giovanni, lasciando tanto esausto l’erario, che per fare i suoi funerali fu mestieri impegnare le gioje della corona e fino il tesoro d’oro per diecimila fiorini.
V. - Ferdinando II era stato dichiarato re di Sicilia una col padre sin dal 1468 e coronato nella cattedrale di Saragozza, allorchè avea menato in moglie Isabella di Castiglia. Nel 1473 poi il padre gli avea cesso per suo assegnamento alcune gabelle di Sicilia, che diceansi allora gabelle riservate; ed egli avea qui mandato un Giovanni Madrigale suo procuratore, per riscuoterle. Nol permise la deputazione del regno, cui incombea la custodia delle franchigie della nazione; e fece presente al re, che le leggi del regno vietavano ai principi l’esigere alcuna gabella prima d’essere stato loro giurato l’omaggio della nazione ed aver prestato nelle forme consuete il giuramento di osservare le leggi del regno.
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