Oltracciò venivano al re tutti i beni di que’ miseri, che, per fuggire le persecuzioni del tribunale dell’inquisizione, di cui era supremo inquisitore il ferocissimo Tommaso Torrequemata, contentavansi abbandonar la patria e quanto aveano ed andar tapini negli altri regni. Comechè avesse re Ferdinando raccolto per tal modo gente e danaro assai, pure trovò duro intoppo. Erano i Granatini numerosissimi, ricchi ed assai prodi in guerra, e tutto quel regno era sparso di piazze fortissime, tanto che undici anni ebbe a combattere Ferdinando, prima di venirgli fatto quel conquisto.
VI. - Fornita quell’impresa, ad insinuazione di Torrequemata suo confessore, mai sazio di umane vittime, ordinò lo sfratto degli Ebrei da tutti i suoi regni. Eran costoro in Sicilia in gran numero, contavansene da centomila, tutti industriosi e dati alle arti e al commercio: pure il pregiudizio di un popolo ignorante e d’un governo superstizioso avea fatto loro soffrire a quando a quando alcune avanie, ed un’anno prima del loro sfratto, nella terra di Castiglione Andrea e Bartolomeo Frisi fratelli avean messo a morte Bitone loro sommo sacerdote, mossi, com’e’ diceano, dall’avere costui tratto un sasso dalla sua finestra contro il crocifisso, che portavasi attorno in una processione. Per sottrarsi al gastigo eran costoro fuggiti in Ispagna, ove Ferdinando, non che punirli, lodò lo zelo cristiano di que’ due assassini e li rimandò liberi. Un’anno dopo addì 18 giugno 1492 giunse in Sicilia l’ordine, spedito sin dal 31 di marzo, di sfrattare fra tre mesi, pena la morte e la confiscazione de’ beni, tutti gli Ebrei del regno, vietando di portar seco oro, argento, danaro e gioie, di cui si permettea loro di far baratto con mercanzie non vietate.
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