Era allora vicerè in Sicilia Ferdinando de Acugna, uomo dolce e ragionevole, il quale procurò in tutti i modi di prevenire qualunque violenza, cui sarebbero stati esposti que’ miseri. Fece erigere le armi reali sopra tutte le sinagoghe e le case degli Ebrei; bandì una salvaguardia in favor loro, perchè nissuno potesse offenderli; ed altri provvedimenti, diede, perchè presto e senza frode si liquidassero i debiti e crediti reciproci tra Ebrei e cristiani. Ma mentre egli con tanta umanità affaticavasi a render meno doloroso il colpo a quegl’infelici, gli giunse dalla corte l’ordine ingiustissimo di far loro pagare in capitale al quattro per cento tutte le imposizioni, alle quali sarebbero stati soggetti restando in Sicilia, e ciò mentre era in pieno vigore la bolla di Niccolò V del 1452 e la prammatica bandita da Alfonso lo stesso anno, in cui stabilivasi, che i capitali delle rendite dovessero fissarsi al dieci per cento. Qual diritto avea poi Ferdinando di esigere più dazî da gente che cacciava dai suoi regni? Fu forza obbedire: il vicerè staggì tutta la roba degli Ebrei ch’era in deposito, per trarsene i centomila fiorini che per tal supposto debito da loro si pretendeano. Chiesero allora quegl’infelici dal re una dilazione a pagare quel denaro: la loro supplica fu appoggiata da una rappresentanza del senato di Palermo, il quale dichiarava esser tutte false le cagioni che si assegnavano per lo sfratto degli Ebrei: non ostante il loro soggiorno nel regno, essersi sempre in Sicilia conservata pura la religione; nè aver mai gli Ebrei cercato di sedurre alcuno a cambiar di fede o fatto alcun che in obbrobrio della religione cristiana: ne chiamava in testimonio lo stesso inquisitore fra Antonio della Pegna; e conchiudea, che l’ordine dato dal re pel loro sfratto, per esser fondato su false assicurazioni, non dovea eseguirsi (560). Ma più che tale rappresentanza valse agl’Israeliti un dono di cinquemila fiorini, per far loro ottenere dal re una dilazione di due mesi, che poi fu promulgata sino a 12 di gennaro del 1493. Pagati finalmente centocinquantamila fiorini, si partirono.
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