Era allora vicerè di Sicilia Ugone Moncada, valenziano, il quale era in odio a’ baroni, che lo accagionavano di avarizia e di sfrenati costumi. Avuta il vicerè secreta notizia della morte del re, cercò in tutti modi di tenerla celata, ma a suo dispetto la nuova venne bucinandosi. Il popol n’era lieto, nè curava di mascherar la sua letizia. Il Moncada stava infra due; chè temea poterglisi apporre ugualmente a delitto il continuare nel governo dopo la morte del re e l’abbandonarlo senz’ordine sovrano. Chiamò il sacro consiglio, di cui volle il parere. I magistrati dissero (e ben dissero), che per le leggi del regno dovea egli continuare nel governo (582); i baroni all’incontro diceano dover sottentrare Giacomo Alliata vicegiustiziere; e visto che il vicerè nè deponeva la carica, nè palesava la morte del re, da una mano vennero aizzando la plebe, dall’altra, per non parere suo fatto, recaronsi in Termini, ove addì 5 di marzo del 1516 nella chiesa maggiore fecero le esequie a re Ferdinando ed acclamarono Giovanna e Carlo. E di ciò in quel giorno stesso per lo notajo Filippo Caccamo Ugo fu fatta pubblica scrittura (583).
II. - Era di quaresima: predicava nella chiesa di s. Francesco di Palermo un fra Geronimo da Verona in presenza del senato e di folto popolo. Costui, non si sa se per altrui insinuazione, tolta occasione dall’ordine dato dall’inquisitore del sant’officio non guari prima, che tutti i neofiti ebrei, della sincerità della cui conversione dubitavasi, portassero, per essere conosciuti, un abito verde con una croce rossa cucitavi, si diè a declamare contro tale vitupero, fatto, com’e’ dicea, alla religione, di metter la croce in petto a costoro, ed incitò forte la plebe a correre a spogliarneli.
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