Non appena era cominciata la messa, che il barone fece d’occhio a’ compagni. Niccolò di Bologna il primo, tratta la spada ne passò fuor fuori il di Benedetto; Pompilio Imperatore avventossi a Squarcialupo, e trovatolo coperto da un giaco sotto le vesti, lo scannò col pugnale; Rosa mori per mani di Afflitto. Uccisi quei tre caporioni, nissuno di coloro, ch’erano in chiesa, osò pigliarne le parti. Il barone di Ciminna, salito a cavallo, accompagnato dagli altri, cominciò a gridare per le strade, che tutti i cittadini pigliassero le armi pel re, per la patria, contro i ribelli, i traditori, i ladroni. Divulgata in un attimo per la città la morte di Squarcialupo e degli altri due, i buoni cittadini fecero cuore: degli altri sediziosi, tranne Barresi, che fu preso, qual fuggì, qual s’ascose. La tranquillità fu tosto ristabilita. Solo toccò a pagar lo scotto dell’altrui delitto al povero frate, che dicea messa, il quale fu preso da tale battisoffia, che non potè finir la messa, ed ivi a pochi giorni si mori.
VI. - Il conte di Monteleone, comechè fosse stato avvisato dal barone di Ciminna della felice riuscita dell’impresa e della tranquillità già ristabilita in Palermo, non ebbe cuore di venir fuori da Messina. Quando poi dal vicerè di Napoli gli furono spediti mille cavalli e millecinquecento fanti, tornò ammazzasette. Recossi prima in Randazzo e fe’ impiccare i capi di quella sedizione. Venuto in Catania, volle chiusa, prima d’entrare, la porta della città, che s’aprì dopo avervi dato tre colpi colla sua spada, per far mostra d’entrarvi di viva forza (vedi buffone!
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