). Entrato in città, fece decapitare tre di que’ cittadini, ventidue ne fece morire sulle forche, molti ne bandì. Venuto poi in Palermo, fece mozzare il capo a Francesco Barresi, a Bartolomeo Squarcialupo, fratello di Gian-Luca, ed a Giovanni suo nipote, e le case loro furono spianate; trentatrè de’ plebei furono impiccati; i fanti e cavalieri spagnuoli, venuti col luogotenente, furon mandati a dimorare per più mesi in Termini: nè ciò fu lieve gastigo; chè in quell’età que’ soldati mal pagati, vivean per lo più di ruba; tanto che passata poi quella truppa in Marsala, lasciaron la città così impoverita, che re Carlo in parte ne ristorò il danno, in parte ne la compensò con privilegî, che le concesse. Quei nobili palermitani, che s’eran adoprati a sedare il tumulto, furon dal re premiati; il conte di Monteleone, che men lo meritava, n’ebbe la conferma della carica col più onorevole titolo di vicerè.
Quetati que’ disturbi, convocò il vicerè il parlamento in Palermo addì 6 di novembre del 1518. Ivi il conte di Monteleone, come procuratore del re, ricevè l’omaggio della nazione, e prestò il giuramento di osservare le leggi del regno. Il parlamento poi offrì al re il donativo di trecentomila fiorini, e per evitare in avvenire gli stessi scandali accaduti nel governo del Moncada, propose, che quindi innanzi colui, che si fosse trovato alla morte del re a reggere il regno, qual si fosse il suo titolo, continuasse nel governo, finchè non sia palese la volontà del nuovo re. Ciò ebbe la real sanzione.
| |
Entrato Palermo Francesco Barresi Bartolomeo Squarcialupo Gian-Luca Giovanni Termini Marsala Carlo Monteleone Palermo Monteleone Moncada
|