Comechè quell’arresto nulla avesse avuto che fare colla congiura, stimolò i congiurati ad affrettare il passo; e però Francesco Imperatore da Roma, ove trovavasi, mosse per Parigi, onde sollecitare il soccorso di quel re. Prima di partire, imprudentemente svelò l’oggetto del suo viaggio ad un Pietro Augello, che lo disse a Cesare Grifeo nobile di Sciacca, che in Roma era, il quale corse a palesar la cosa al duca di Sessa, ambasciatore imperiale presso la romana corte. Fu corso dietro a colui; e soprappresolo a Castelnuovo, non fu mestieri di tormenti, per fargli palesare fil filo la congiura e tutte le persone, che vi avean preso parte; senzachè le lettere, che avea indosso, abbastanza lo mostravano. Ben custodito, il duca di Sessa lo mandò al vicerè di Napoli, per rimetterlo al conte di Monteleone, che non avea pur sospetto della congiura. Pure l’Imperatore ebbe modo di avvertire Claudio figliuol naturale di uno de’ suoi fratelli di recarsi di volo in Sicilia a far sapere agli altri il suo arresto: e quello, salito sur una barchetta, ebbe vento tanto prospero, che giunse in Palermo cinque giorni prima che il vicerè avesse avuto la notizia dell’accaduto; onde gli altri congiurati ebbero tempo di nascondersi. Ma venuto Francesco in Messina, l’un dopo l’altro furon tutti presi, tranne Pieruccio Gioeni e Geronimo Leofante. Federigo e Giovanni Imperatore, il Sanfilippo e lo Spadafora furono nel giugno del 1523 impiccati e poi squartati in Messina. Lo stesso fine fecero ivi a poco in Milazzo il conte di Cammarata, Niccolò Leofante e Francesco Imperatore; e finalmente fu fatto morir sulle forche in Patti il barone di Cefalà.
| |
Francesco Imperatore Roma Parigi Pietro Augello Cesare Grifeo Sciacca Roma Sessa Castelnuovo Sessa Napoli Monteleone Imperatore Claudio Sicilia Palermo Francesco Messina Pieruccio Gioeni Geronimo Leofante Giovanni Imperatore Sanfilippo Spadafora Messina Milazzo Cammarata Niccolò Leofante Francesco Imperatore Patti Cefalà
|