Laonde venne a ribollire nel suo petto l’odio avito; tanto che non solo le ree azioni del Perollo, ma il suo fasto, la generosità sua, da cui ei teneasi oscurato, erano stilettate al suo cuore. E il suo mal’animo venne ad accrescersi per un caso avvenuto in que’ giorni.
Erano in que’ dì i luoghi marittimi di Sicilia mal sicuri per le continue depredazioni dei corsali affricani: uno di questi, accostatosi alle spiagge dì Palermo, prese terra, assalì e prese in una sua villa il barone di Solanto e dieci gentiluomini di sua compagnia, Passato poi ne’ mari di Sciacca, fattosi presso alla città, inalberò la bandiera di pace e mandò ad offrire dì trattare il riscatto di que’ prigioni. Il conte di Luna con somma generosità recossi il primo a quel corsale con danari, per riscattar quel barone: ma l’affricano non volle contentarsi dell’offerta: abbassata la bandiera e levate le ancore, già si disponeva a partire, e ’l conte non senza rossore ritornò al lido, ove stava ad aspettarlo ansioso tutto il popolo. Il barone Perollo allora nulla curando avere il corsale tolta la bandiera di sicurezza, caricò alcune barche di bestiami, pane, vino, polli, neve, ortaggi, frutte e finissimi pastumi in gran copia e mandoglieli in dono ed egli stesso, salito sur una feluca con somma splendidezza ornata, avvicinossi ai legni nemici. Tale generosità, tal confidenza di venire a trovarlo a rischio di restar preso, vinsero l’animo dell’Affricano, il quale, non solo mise in libertà il barone di Solanto e’ suoi compagni, senza riscatto, ma dichiarò, che indi innanzi in grazia del barone Perollo mai più avrebbe corseggiato nei mari di Sciacca.
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