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      Ma il Perollo, il quale per le sue spie era a giorno di tutti gli andamenti di lui, finse d’essergli sopraggiunto un grave dolor di fianco, per cui non potea venir fuori del suo castello; ed intanto preparavasi a respinger l’assalto nel caso che quello lo avesse tentato. Alcuni de’ suoi bravi, che osarono una di quelle sere uscire dal castello, furono messi a morte, e le loro teste vennero da’ seguaci del conte condotte per la città sulle picche.
      Il barone Perollo scrisse allora al vicerè per chiedergli soccorso; e questi destinò capitan di armi Girolamo Statella barone di Mongelino, per quetare que’ moti e punire i rei di quei delitti. Lo Statella accompagnato da consultori fiscali ed altra gente di corte e da una banda d’armati, venne in Isciacca. Ma non per questo il Luna si rimosse un pelo dal suo crudele proponimento. Per che il Perollo volle mandare Federigo suo figliuolo primogenito a chiedere maggiori soccorsi di gente al vicerè, e per sua sicurezza lo fece scortare da sessanta de’ suoi armigeri a cavallo. Saputo il Luna la partenza di coloro, credendo d’esser così diminuita la guarnigione del castello, decise d’assalirlo prima che giungessero i chiesti soccorsi da Messina. La sera del 19 di luglio del 1529, riunite tutte le sue forze, entrò in città senza incontrare resistenza, e se ne fece padrone. Federigo Perollo, capitano della città, inabile a resistere, corse a Partanna, per chieder genti a quel barone. Due de’ giurati, ch’eran della fazione del Luna, trassero gli altri due nel consiglio di non tramettersi in tale affare: così la città senza reggitori restò in balìa del conte, il quale il domane assalì la casa, ove abitava il barone di Mongelino, la cui gente fece resistenza tale, che nè pur uno non restò in vita, tutti i suoi officiali furono uccisi, egli stesso, dopo di essersi con gran coraggio difeso, salito sur una torre, cominciò in nome del re a chiamar l’ajuto de’ magistrati e del popolo: ma nessuno osò mostrare il viso: sopraggiunti poi gli assalitori, lo misero a morte e ne buttarono il cadavere giù dai merli.


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Somma della storia di Sicilia
di Niccolò Palmeri
Editore Meli Palermo
1856 pagine 1468

   





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