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      Ottenuto questo trionfo, rivolse il conte le sue forze ad assediare il castello, ove eransi ritratti tutti i Perolli, e coloro, che per loro teneansi. L’impresa era aspra e difficile; chè quel castello era munito di cannoni e d’altre armi d’ogni maniera. Il barone avea facoltà di tenervi dugento uomini di guarnigione, ed in quella occasione aveane aumentato assai il numero; e tutti i suoi congiunti, che comandavano quella gente, eran prodi. Quattro volte tentarono gli assalitori di scalarne le mura e le torri, ma vi perderono invano la vita molti anche de’ più distinti. Non miglior frutto fecero il secondo giorno. Disperato finalmente il conte di Luna, trasse dai bastioni della città otto cannoni e cominciò a battere le mura e le torri del castello, che sul far della sera erano di già atterrate. Immensa fu la strage della gente del Perollo, in parte uccisa dalle armi, in parte sepolta sotto le ruine. Coloro, che restavano, erano già scuorati. Il barone allora fattosi collare da un lato del castello, ove non erano assalitori, fuggì. Preso il castello, entrovvi furioso il conte, per aver nelle mani il suo nemico. La baronessa con le mogli e figliuoli degli altri congiunti e partigiani del marito eransi tutte lacrimose ritratte in una sala; all’annunzio, che il conte s’appressava, ne fece aprir le porte. Era essa della nobile famiglia Moncada, sorella del barone di Francofonte, di cui un’altra sorella era stata sposa dell’avo del conte. Questi alla vista di tutte quelle dame, deposte le ire, mostrò tutte le cortesie di cavaliere.


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Somma della storia di Sicilia
di Niccolò Palmeri
Editore Meli Palermo
1856 pagine 1468

   





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