Se ne querelò il parlamento nel 1535, ma furono vane le querele.
Pure ciò era il minore de’ mali. Non è credibile a qual segno abbiano spinto i vicerè lo abuso di accrescere straordinariamente tale imposizione. Nel 1544 il vicerè marchese di Terranova caricò la tratta de’ frumenti di un nuovo imposto di tarì dodici la salma; e perchè in pochi caricadori il frumento valea più di tarì diciotto la salma, e da essi non si aveano le salme 129940, stabilite dalla prammatica del duca di Monteleone, vi si aggiunsero i frumenti roccella, che traeansi da Girgenti, i quali vaglion sempre di più degli altri, ma non entravano nei caricadoi, nè erano stati compresi in quei calcolo. Per tal modo il nuovo imposto di dodici tarì la salma, l’ordinaria gravezza e le spese uguagliavano e forse superavano il prezzo del frumento. Ricorse al vicerè il console de’ Genovesi a nome di tutti i negozianti di quella nazione; dicendo essere allora il prezzo del frumento minore delli tarì diciotto la salma. Ma il vicerè lungi di menar buone le loro ragioni, mise fuori una grida per consumarsi l’esazione del dazio. E tant’oltre fu spinto allora l’abuso, che si portò quel nuovo imposto fino a due ed anche tre scudi la salma, mentre il frumento tanto non valea. Tutti i parlamenti convocati in quel regno faceano alte querele al re per l’ingiustizia di tale imposizione e ’l danno che ne veniva al regno. Il re rispondea sempre con dar parole. I vicerè continuavano il fatto loro. Indi avveniva, che nessun mercante volle più sovvenir di denaro gli agricoltori nel corso dell’anno, per averne poi frumento; dall’altra mano gli agricoltori, raccolto appena il frumento, voleano venderlo per tema che aumentandosi i prezzi non fosse accresciuta l’imposizione: ma per la ragione stessa nessuno volea comprarne, ed il prezzo di più in più avviliva, gli agricoltori fallivano.
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