Miseri que’ paesi, in cui il governo per mancanza di forza è nella dura necessità di ricorrere alla mala fede ed allo spergiuro! E ben misera era allora la Sicilia; chè a tante calamità aggiungeasi (ned era il minor de’ mali) la depravazione generale de’ magistrati, per cui il parlamento del 1545 dimandò al re un sindacatore straniero. Il re spedì l’anno appresso il sacerdote D. Diego di Cordova spagnuolo, non come sindacatore, ma visitatore, per informarsi secretamente della condotta de’ magistrati e rimettere a lui le informazioni, per quindi punirli. Il parlamento convocato in quell’anno se ne dolse, primieramente perchè il procedere di quel visitatore per via d’inquisizione era contro le leggi del regno; per cui qualunque reo dovea esser condannato secondo le forme legali; ed oltracciò, non avendo egli dritto di condannare i rei, ma solo di ammanir le prove e rimetterle alla real corte, le cause venivano ad estraregnare: ciò ch’era contrario ai privilegi del regno; e finalmente procedendosi (dicea il parlamento) per via inquisitionis, si daria assai commodità di poter produrre testimoni falsi, delli quali in questo regno è tanta abondanza, che etiam si trovano a deponere falsamente in presentia dello illustre vicerè, et regia gran corte, dove sono certi, che si danno copie alle parti di loro deposizioni, con li nomi et cognomi; quanto più si ha da credere, che diriano il falso, dove non dubbitassero di esser tenuti secreti! Il re a quel capitolo rispose, che per discarico di sua coscienza avea destinato quel visitatore, per essere informato della condotta dei magistrati, e che provvederebbe, che non si desse al regno giusta ragione di querela, nè s’infrangessero le sue leggi (591). E comechè sembrasse a prima vista, che giuste fossero state le ragioni del parlamento, il fatto fece conoscere, che ben si appose il re.
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Sicilia Diego Cordova
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