Ma il re, sia per gelosia del fratello, sia per cauto consiglio, rispose che ciò, lungi di accrescer le sue forze, le avrebbe divertite. Nè guari andò, che il fatto fece conoscere quanto ben s’era apposto. Ivi a pochi mesi sopraggiunse Ulucchialì con grandi forze. D. Giovanni trattenuto or qua ed or là dai contrarî venti non fu a tempo d’accorrere: non che Tunis, ma la Goletta vennero in potere degli Ottomani. Per tal modo al fin de’ fatti fu conservata ai Turchi una bella città, fu tolto alla Sicilia un bel porto. E forse le armi vincitrici ottomane ben altro male avrebbero allora fatto alla Sicilia, se non fosse venuto a morte Selim II lasciando sul trono il figliuolo Amurat III, che ne’ primi anni volle darsi alle arti di pace.
Nè lo stesso Ulucchialì tenne a lungo quel regno. Ribellatosi quel popolo nei 1581, cacciò il governatore e chiamò l’antico re Mulei Amida, il quale era ritornato in Palermo. Il duca di Tagliacozzo vicerè colse quel destro, per isgravarsi della spesa di mantenerlo; non solo acconsentì alla sua gita, ma fecelo scortare alle galee di Malta. Vi giunse; fu accolto con applausi; Ulucchialì tentò invano riprender l’anno appresso il regno. Tenuto quel regno da un principe amico, rivolte le armi di Amurat contro la Persia e la Ungheria, la Sicilia, tranne qualche correria di corsali, qualche momentaneo spavento all’avvicinarsi a caso a questi mari di alcun’armata turca, non ebbe indi in poi a soffrire altri mali.
Tali timori altronde cadeano in acconcio alle vedute del governo, il quale forse talvolta li esagerava, per accrescere le galee e trarre nuovi sussidî, che poi destinavansi alla guerra di Fiandra o alla famosa spedizione contro l’Inghilterra.
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