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      A ciò non volendo il vicerè piegarsi, il parlamento fu chiuso, e si esasse il denaro col solo voto di due bracci.
      È manifesto, che la querela de’ baroni nascea da personale malevolenza contro il vicerè; allontanato ivi a pochi giorni costui, non si fece più parola di ciò. Ed altronde i baroni non aveano ragione di querela. Vero è che il parlamento convocato in Castrogiovanni nel 1458 fra le tante proposte fatte a re Giovanni intorno a cose di giustizia, avea anche detto, che nessun magistrato potesse indi in poi tormentare alcuno, se non dopo d’esser compito il processo: ma il re avea risposto: Si osservi quanto dal diritto comune è prescritto (597). Accresciuto in appresso il numero de’ malfattori e de’ malfatti, particolarmente dietro gli avvenimenti, ch’ebbero luogo ne’ primi anni del regno di Carlo I, i magistrati furono nella necessità di deviare dalle forme ordinarie ed usar più rigore nel processare i rei. Se n’era più volte doluto il parlamento, chiedendo, che si procedesse ex abrupto solo contro i pubblici malfattori e le persone infamate d’altri delitti; e mai contro i titolati, i nobili e’ dottori: ma Carlo, che forse conoscea d’essere in que’ tempi i titolati e’ nobili e’ dottori poco dissimili da’ pubblici malfattori, avea sempre risposto, che avrebbe incaricato il vicerè di regolarsi con più prudenza, od altrettali equivoche espressioni. Ed ove nel 1541 rispose, che si osservassero i capitoli prima concessi, nulla nel fatto venne a concedere; chè in nissuno capitolo avea apposta una chiara affermativa sanzione, necessaria per dar forza di legge alle proposte del parlamento (598).


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Somma della storia di Sicilia
di Niccolò Palmeri
Editore Meli Palermo
1856 pagine 1468

   





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