Ma pubblicata appena la prammatica, si conobbe il gravissimo sconcio che era per nascere; nessuno avrebbe potuto incalmare oleastri. Fu mestieri bandire una seconda prammatica, per la quale si permettea portare gli oleastri e tagliarli, per innestarli, con questo che prima di tagliarli e portarli lo facessero sapere ai giurati della loro terra, e se dopo tagliati fra due anni non l’incalmassero, fossero soggetti alla multa di once cinquanta (609).
Le frequenti carestie, che allora soffrivansi, erano effetto di que’ mal consigliati regolamenti, e venivano accresciute da provvedimenti anche più insani. Gride in tali casi bandivansi, per obbligare sotto pene severe chiunque possedea frumenti a rivelare la quantità che ne avea. Un prezzo forzato ad essi imponeasi: il frumento spariva: il popolo, massime in Palermo, volea mangiare il pane sempre allo stesso prezzo, e così lo si era avvezzo: e ad ogni alterazione nel prezzo del pane tumultuazioni, saccheggi, rapine avean luogo.
VI. - Pure fra tante oppressioni alcun’utile stabilimento fu in quel regno promosso. Il vicerè Garzia di Toledo fondò in Sicilia l’accademia dei cavalieri, ove i nobili stavano ad istruirsi nel maneggio dell’armi. Era loro dovere accorrere in ogni incontro in difesa della patria e a tale oggetto, sempre che il caso l’avesse chiesto, doveano, vestiti d’armi, riunirsi al ponte dello Ammiraglio presso Palermo, portando ognuno un compagno armato del pari. L’impresa dell’accademia era quel ponte, sul quale vedevasi Orazio in atto di far fronte ai nemici, col motto Ipsa suos (610). Tale istituzione fu imitata in Messina dal marchese di Geraci, presidente del regno, il quale ottenne dal re la fondazione di un ordine cavalleresco detto della stella.
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