Ed in ciò si distinsero i due vicerè Giovanni de Vega e il marchese di Pescara, il quale nel 1568 fondò in Palermo l’accademia degli Accesi, e più che altri Giovanni Ventimiglia marchese di Geraci, presidente del regno, il quale venne a capo di stabilire in Messina un’altra università, che venne poi in gran nome pei grandi soldi assegnati da quel comune a’ professori e per gli uomini illustri, che vi fiorirono. Nè erano spenti in Sicilia i semi sparsi nel secolo precedente da Alfonso; che anzi i buoni studî ebbero in questo una nuova spinta, per l’esempio degli altri Italiani datisi allora a ricercare avidamente i classici antichi, a studiarli, ad imitarne la purità del linguaggio, e per la dimora che molti Siciliani ebbero a fare in Roma nel pontificato di Leone X. Tutto ciò fece, che in onta alle ree vicissitudini, dalle quali fu travagliato il regno, potè la Sicilia vantare in quell’età, oltre a tanti scrittori di giurisprudenza e di cose sacre, un Fazello, un Maurolico, un Ingrassia, un Valguarnera, un Gaetani, un Mirabella, un Bonfiglio. Dalle opere de’ quali si vede, che non solo gli ameni studî non erano allora trascurati in Sicilia (612) ma le più severe discipline eran con profitto investigate.
CAPITOLO XLV.
I. Morto Filippo I, regna Filippo II. Il duca di Lerma. Il marchese di Vigliena vicerè. Il duca di Feria vicerè. - II. Il duca di Ossuna vicerè: suo genio intraprendente. Vicerè conte di Castro. - III. Filippo III. Il duca d’Alburquerque vicerè. I Messinesi vogliono divisa la Sicilia.
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