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      Nè guari andò, che il ministero di Madrid disapprovò la condotta del vicerè ed ordinò, che i due signori carcerati fossero messi in libertà e restituiti nelle rispettive cariche.
      Tranne quel solo caso, in cui la nazione mostrò una certa energia ed unanimità, null’altro vedevasi in quel regno, che vergognose gare tra le due prime città del regno. Il coraggio e l’eroico disinteresse di Messina ne’ primi regni degli Aragonesi aveano sottratto più volte la Sicilia dal giuogo straniero. Ma ridotto il regno a far parte di una straniera monarchia, allo spirito pubblico era successo lo spirito municipale, sicuro indizio del decadimento de’ popoli: l’ardente amor di patria, per cui sempre eransi segnalati i Messinesi, si restrinse entro il confine della loro città. E tal sentimento veniva ad arte fomentato dalla diffidente politica del governo spagnuolo, il quale conoscendo quanto difficile fosse far tollerare ai Siciliani, finchè fossero uniti, la straniera dominazione, avea dato grandi privilegi a Messina, per metterla alle prese con Palermo e tenerle del pari in freno.
      Tali emulazioni vennero particolarmente fomentate dalla morte di Filippo I in poi e per la maggior debolezza del governo e perchè esse offrivano il destro alla sconsigliata prodigalità di Filippo II ed alla insaziabile cupidigia del primo ministro di smunger sempre più la Sicilia. Compri a gran prezzo erano stati da Messina i suoi privilegi, e fra gli altri quello, che i vicerè, quando il real servizio non volea altrimenti, nei tre anni del loro governo dimorassero diciotto mesi in Messina.


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Somma della storia di Sicilia
di Niccolò Palmeri
Editore Meli Palermo
1856 pagine 1468

   





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